Metodo Longobardi

Una tecnica di subnetting di Giuseppe Longobardi

Analisi del contesto

Gli indirizzi IPv4 sono formati da 32 bit di memoria, inizialmente sembravano offrire grandi possibilità di espansione e versatilità di utilizzo. Oggi con l’avvento dell’IoE questo non è più vero, si stima che 50 miliardi di dispositivi saranno connessi ad Internet entro il 2025. Queste stime si basano sull’avvento dell’IPv6 che invece sono formati da 128 bit, abbandonano la notazione DDN ed offrono reali attributi di scalabilità e versatilità. La transizione verso gli IPv6 è ancora lunga e non abbiamo dati per stimare quando sarà terminata.

Questo rende gli IPv4 centrali, vale la pena quindi ricercare delle tecniche che ottimizzino l’uso di questi ultimi. Grazie al NAT al subnetting e alla RFC 1918(IP privati e pubblici) ed RFC 791 (Divisione in classi) l’uso di questi indirizzi ha raggiunto un regime di stabilità che permetterà ancora per un po’ l’annessione di nuovi nodi ad Internet.

Questo articolo vuole proporre una nuova metodologia di calcolo per la pratica del subnetting che può essere adoperata anche in fase di operatività, senza richiedere per forza di cose strumenti software che effettuino i calcoli per noi.

Richiamiamo brevemente il significato di tale pratica; Il Subnetting è una tecnica che ci permette di dividere in più “porzioni” una rete informatica. Per la RFC 791 ogni range di indirizzi IP ha una classe assegnata, che avrà determinate caratteristiche in termini di bit dedicati alla rete e agli host.

In particolare osserviamo che:

  • La classe A avrà 8 bit dedicati alla rete e 24 bit dedicati agli host
  • La classe B avrà 16 bit dedicati alla rete e 16 bit dedicati agli host
  • La classe C avrà 24 bit dedicati alla rete e 8 bit dedicati agli host
  • La classe D avrà 32 bit dedicati alla rete e 0 bit dedicati agli host

La classe A impone che il primo ottetto abbia valori compresi tra 1 e 126, per la B da 128 a 191, per la C da 192 a 223, per la D da 224 a 239 e per la E (scopi sperimentali) da 240 a 255. 

Queste caratteristiche sono deducibili dall’analisi di un indirizzo collegato ad ogni classe, stiamo parlando della subnet mask o anche “maschera di sottorete”. In particolare osserviamo che le subnetmask associate ad ogni classe espressa in notazione DDN sono:

  • Classe A -> 255.0.0.0
  • Classe B -> 255.255.0.0
  • Classe C -> 255.255.255.0

Tutte le reti informatiche che corrispondono al range dell’indirizzo IP assegnato (RFC 791) e rispettano i bit dedicati agli host ed alla rete per tale classe, si definiscono “classful”. Quelle che non rispettano anche una di queste due regole si definiscono classless ed utilizzano la notazione CIDR. 

Notazione CIDR

CIDR è l’acronimo di Classlesss Inter Domain Routing e permette di definire delle “custom” subnet mask, questo permette di ridurre lo spreco di IPv4. Al fine di definire il numero di bit da assegnare agli host, risulta doveroso adoperare la formula qui riportata.

Allocazione memoria

x è il numero di bit assegnati agli host ed N il numero di IP che la rete richiede, quindi sia host che dispositivi di rete generici. Una volta ottenuta la x possiamo ricavarci la y che rappresenterà il numero di bit assegnati alla rete. Ricordiamo che gli IPv4 occupano 32 bit di memoria, quindi la somma di x e y fa necessariamente 32.


Metodo Longobardi

Una volta introdotte queste due formule, possiamo continuare con l’enunciazione del metodo Longobardi che definisce quattro formule generali. Grazie a queste possiamo agilmente effettuare complessi piani di subnetting in modo facile e veloce.

 

Metodo Longobardi

Il Metodo Longobardi viene ampiamente enunciato ed applicato nel "corso avanzato di subnetting"

Firma in blockchain

Potete leggere il primo documento didattico in cui è stato formalizzato il metodo Longobardi.